Dopo uno sviluppo web discontinuo, travagliato e probabilmente più lungo di quanto sarebbe dovuto essere, ho finalmente deciso di aprire un blog.
Postato il: 07 febbraio 2024 -
Se c'è un aspetto di Internet che, all'inizio del 2000, lo faceva sembrare allo stesso tempo sia magico che avveniristico, è quanto apparisse vasto, colorato, diversificato; popolato di idee ed estetiche mai viste, come dei piccoli mondi a cui ci era concesso connetterci a intervalli regolari (senza esagerare, che la connessione era a consumo). Sebbene sia la visione nostalgica filtrata dall'immaginazione infantile, credo ci sia un fondo di verità nel riconoscere che qualcosa è cambiato nella modalità di fruizione del web: basta accostare l'homepage di un blog di 20 anni fa con quella di un profilo instagram qualunque per capirlo.
Non pensi che i sogni e internet siano simili?
La differenza che salta più all'occhio, confrontando queste realtà, è proprio quella estetica. La personalizzazione, nei social media, è limitata a pochissimi elementi: di solito, si parla dell'immagine del profilo, della bio e un banner sotto; ma molto più probabilmente, solo i primi due. Negli interstizi, dominano le scale di grigi, perché altrimenti, a starci tutto il giorno attaccati, stanca un po'. Ci siamo ridotti a spazi personali che sembrano griglie di Excel perché sarebbe auspicabile starci tutto il giorno, in quel sistema che sta venendo sempre più spesso descritto come "Attention Economy" (economia dell'attenzione). Se la permanenza in un singolo sito (perché, ricordiamoci, i social media sono comunque siti internet) deve essere massimizzata, al contempo l'esplorazione laterale (es. outlink) va ridotta al minimo e destinata principalmente alla pubblicità, ovvero il fine ultimo che giustifica l'esistenza dei social media, le loro bizzarre scelte morali, sociali e di funzionamento.
Avendo maturato queste considerazioni, ho quindi deciso di aprire questo blog: uno spazio che potesse essere leggermente più personale di una homepage prefabbricata, su cui potere avere anche più organizzazione e più controllo sul contenuto, in modo tale da essere io stesso a decidere l'esperienza dell'utente (nei limiti del possibile). Riguardo a quest'ultimo aspetto, ed essendo io un gran prolisso, trovo l'interfaccia e il funzionamento dei social media più usati oggi disincentivanti nei confronti di testo più lungo di qualche rigo. Un singolo paragrafo su instagram riempie una storia per intero con un carattere poco leggibile (e inondare il feed altrui di blocchi di cemento non è il massimo), su Twitter (precedentemente Twitter) diventa così segmentato che si passa più tempo a scrollare che altro; non sono abbastanza telegenico per mettermi a fare video essay, tiktok o podcast. Per quanto questa possa sembrare una lamentela di una persona pesante, in realtà ha un suo effetto su quello che viene presentato all'utente: l'informazione va comunicata velocemente, senza aver il tempo di analizzarla, sostanziarla o presentare fonti, riducendola ad uno slogan (o ad una estetica) privo di ulteriore approfondimento, che vive nell'unico spazio tra la maiuscola e il punto fermo. Quindi, sia per evitare di presentare idee frettolose su argomenti che invece vale la pena approfondire, sia con lo scopo (decisamente meno politico e analitico) di migliorare il modo in cui ricerco, scrivo, narro e critico, ho deciso di destinare queste pareti di HTML proprio al contenuto più esteso. Mi va totalmente bene riempire Instagram, Twitter (llamame Twitter) o qualsiasi cosa verrà dopo di spazzatura, ma se voglio prendermi qualche secondo in più per parlare, voglio avere un posto più adeguato per farlo e nel frattempo divertirmi un po' a fare banner, a cercare gif per addobbarlo e giocare con il CSS e il web design in generale.
Rigettando la fulminea iper-staticità del web dei social media, Inerzie sarà anche per me un modo di potermi esprimere fuori dai limiti imposti dal branding necessario a far da collante ai quadratini che compongono un profilo social. Ci sarà spazio per attualità e politica; per riflessioni che spero di poter elaborare con il giusto tempo; per analisi di prodotti mediatici che mi piacciono, e critica di quello che non mi piace (perché qualcosa di interessante da dire ci potrebbe essere); ma non penso di limitarmi solo a questo. Essendomi concesso sviluppare estensivamente le idee ed il contenuto, vorrei esplorare la narrativa, la finzione ed il delirio.
Se quindi, da un lato spero di poter (ri)acquistare la profondita nel testo (e spingere altre persone a farlo), dall'altro spero che un utilizzo più consapevole del web porti ad una minore compulsione nei confronti del posting. Al momento, quindi, non ho tra i miei piani di pubblicare regolarmente o ad una cadenza prestabilita: sia per comprendere la giusta dimensione di ogni cosa (certe volte no, it's not that deep), sia per non compromettere la qualità dell'elaborato finale.
Inerzie deve essere, almeno per me, un piacere, un hobby, una necessità espressiva, ma mai un dovere o un lavoro. Deve, in altre parole, contenere degli stimoli e degli impulsi per superare l'inerzia della vita quotidiana e del web odierno, senza nostalgia, ma anzi, con propensione al movimento. Se infatti, ho menzionato sopra il web "prima", ciò non si deve intendere come un richiamo al passato fine a sé: lo sguardo va rivolto al futuro, che va costruito e a cui non ci si deve arrendere; il passato va analizzato perché è da esso che proveniamo, ma mai idolizzato.
Idealmente, Inerzie sarà la crasi tra la necessità di un locus amoenus digitale e l'esigenza di andare oltre quello che è commercialmente intrigante; un giardino (un po' incolto) a cui prestare cura, anziché una bacheca piena di soldatini, cristallizata in sé stessa. Probabilmente è un'utopia, ma si spera, priva di escapismo.
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