Il Comandamento dell'Amore
Una riflessione sul Cristianesimo di Sufjan Stevens

Postato il: 31 marzo 2024 -

(piccola premessa: questo articolo sarà un po’ più breve del solito, ed è più una serie di considerazioni piuttosto che un’analisi ricercata, vi prego di vederlo come tale)

Sufjan Stevens, davvero, mi piace molto.
È uno dei pochi musicisti che riesce a farmi piangere, parlando di un argomento che di solito tendo a evitare nella musica (l’amore).
Illinois, Carrie & Lowell e Javelin sono entrati di diritto in quel gruppo di album che non posso fare a meno di ascoltare, specie d’estate. Le sue sinfonie malinconiche e leggiadre mi ricordano i pomeriggi di calura, l’affanno e la salsedine.
Tuttavia, il motivo per cui sto scrivendo questo non è sicuramente argomentare quanto Shit Talk sia stato una raffica di pugni sullo stomaco tali da farmi uscire l’anima a forza di lacrime, né dell’idealismo spensierato di Chicago; ma, in questa domenica di Pasqua, proprio della tensione che Sufjan Stevens mostra nei confronti di Cristo stesso.

Sebbene ci siano alcuni pezzi dedicati specificatamente ad un dialogo con il divino, i riferimenti allo spiritualismo sono disseminati in tutto il suo corpus. Il sound, a metà tra il folk e l’ambient, con momenti onirici, è già trascendente; ed è completato da un rispetto sincero per il verbo, la parola che si fa carico del sacro, tanto da risultare esoterico in alcuni passi.
In Ativan, ad esempio, al Lorazepam è data una connotazione transustanziale (Fill me with the blood of Jesus/ Clean my plate ‘til he receives us), nella ricerca di una teleologia del dolore propriamente cristiana (Is all for nothing? Is it all part of a plan? Tranquilize me and revise me, Ativan), mentre la ricerca di approvazione e rassicurazione di Genuflecting Ghost è resa attraverso la ritualità della preghiera. E sempre di Javelin, è Everything That Rises, una vera e propria preghiera, che ricorda i versi del Padre Nostro. Il titolo è una citazione a Pierre Teilhard de Chardin, che in Omega Point, scrisse “Remain true to yourself, but move ever upward toward greater consciousness and greater love! At the summit you will find yourselves united with all those who, from every direction, have made the same ascent. For everything that rises must converge” (“Rimani te stessə, ma salendo sempre verso una coscienza superiore e un amore più grande! Nella vetta troverai te stessə e chiunque sia ugualmente ascesə, da ogni direzione. Perché tutto ciò che sale, deve convergere"). Quindi, attraverso di essa, si chiede di poter concedere la propria anima all’amore, oltre ogni pena e sofferenza. Di ascensione e di tribolazione parla anche Ascension, dall’album omonimo, dove la rivelazione finale si mostra nella sua crudeltà, nella sua assenza di significato. In No Shade in the Shadow of the Cross, la perdita della madre viene descritta come un martirio, privo di qualsivoglia riposo e consolazione.

Il ricorso alla simbologia e ritualità cristiana è quindi principalmente legato al dolore e all’amore. Non è un caso, quindi, che Javelin sia così ricco di questi riferimenti, tanto alti quanto intimi, considerando come in ogni pezzo sia palpabile tanta pena, quanta gioia.
Non ho intenzione di dilungarmi su di esso, però: ci sarà modo in futuro (quando avrò finito di piangere). Ci sarebbe da dire tanto anche su molti altri pezzi, perché è una questione così fondante della poetica di Sufjan Stevens che la si riscontra persino nelle prime note di Chicago, o nel parlare di Portland in City of Roses.

Tuttavia, vorrei concentrarmi su un pezzo nello specifico, uno dei suoi più brevi ma che nelle sue melodie e nei suoi significati non cessa mai di riempirmi di gioia: The Greatest Gift.
Essa riprende il primo comandamento di Gesù Cristo, ovvero "Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Ama il prossimo tuo come te stesso.”(Matteo 22,37-39). Cominciando con “Praise the mountain and the rain/ All the gifts that still remain" la creazione è vista, di per sé, come oggetto e soggetto di venerazione: essa è prova diretta dell’amore del creatore, e pertanto ammirarla e rispettarla significa amare l’operato di Dio.
“But the greatest gift of all/ And the law above all laws/ is to love your friends and lovers/ And lay down your life for your brothers” palesa quanto l’atto dell’amore in sé sia un soffio di Divino, nonché una legge più grande delle altre, in grado di donare la pace (As you abide in peace/ So will your delight increase).
Nella strofa successiva, il precetto, il comandamento, non diventa solo dottrina, ma un principio di vita, una pratica e pertanto, verbo. La fede entra nelle pratiche di vita, nell’amore sincero, nella sconfitta.
In questo pezzo è possibile vedere la poetica religiosa di Sufjan Steven espressa e riassunta. Come egli stesso dichiara, nella sua visione della fede non c’è un interesse didattico, ma è parte naturale del vivere in essa. Se lo spirito diventa parte della vita, ne permea ogni aspetto; e come lingua di fuoco, permette a Sufjan di esprimersi nel suo linguaggio, senza risultare repellente, forzato e dogmatico.

Personalmente, trovo che in tutto ciò ci sia della tenerezza che permette di andare oltre qualsiasi religione: la contemplazione verso la Natura e l’amore non accomuna solo lə cristianə, ma chiunque abbia ancora un minimo di umanità; similmente, tuttə quantə ci siamo ritrovatə a interrogarci sul significato del dolore e ci siamo statə spiazzatə dall'assenza di esso.
Forse è per questo che da ateo sento di potermi connettere con dei testi così spirituali, cristiani per altro, quella religione con cui mi sono trovato a confrontarmi solo in maniera negativa nella mia vita. Perché i significati religiosi non sono approcciati con proselitismo, bensì sublimati nelle esperienze umane: così come la sostanza di cristo entra nei corpi dei suoi fedeli permeando i più umili tra gli alimenti (il pane e il vino), così essa diventa parte musicalità e testi di Stevens.

Torna su
L'Occidente e le sue Oasi
Case vuote, stanze separate